Passione secondo Matteo

Passione secondo Matteo

La tradizione di recitare e cantare la Passione di Gesù durante la Settimana Santa risale al IV secolo. Tre sacerdoti si spartivano i ruoli di Gesù, dell’evangelista e degli altri personaggi, mentre il coro (dei fedeli o dei cantori) rappresentava la folla o il gruppo dei discepoli.

Quando le sacre rappresentazioni, nate nel Medio Evo, degenerarono e vennero proibite nelle chiese, si passò al canto delle laudi spirituali. La laude, che si prestava a un’interpretazione dialogata, divenne così una specie di arte clandestina. 
Nell’evocare le scene bibliche, alcuni fedeli impersonavano i personaggi principali.

Come spesso accade nelle vicende umane, non tutto il male vien per nuocere: 
l’Oratorio non sarebbe mai sorto senza il timore dell’Inquisizione. 
Dovendo rinunciare alla rappresentazione scenica, era giocoforza ricorrere a un narratore che descrivesse l’azione (per esempio, l’evangelista delle Passioni). 

Il racconto del narratore, in recitativo, introduceva gli interventi dei vari personaggi e del coro (che esprimeva i sentimenti della collettività). 
Nacque così, a Roma, per raccontare, senza mostrarla con scene e costumi, un’azione di carattere sacro, il genere dell’oratorio.
A Roma nel XVI secolo, una confraternita di sacerdoti, detta “ dell’oratorio ”, fondata da san Filippo Neri (1515-1595), organizzava delle riunioni popolari per spiegare la storia sacra, durante le quali la musica aveva una parte importantissima.

Il tema della Passione aveva ispirato nel Rinascimento molti musicisti appartenenti a nazioni diverse. 
Nel XVII secolo, invece, la Passione-Oratorio divenne appannaggio dei musicisti tedeschi, fra cui Schutz, Telemann, Mattheson, Handel. 

Bach proseguì su questa linea, ma superò i predecessori per la profondità drammatica, le dimensioni, l’infinità dell’invenzione musicale delle sue composizioni. 

Solo poco prima dell’arrivo di Bach a Lipsia, la forma moderna dell’Oratorio centrato sulla Passione del Cristo era penetrata nelle grandi chiese della città. Per i Vespri del venerdì santo, si sarebbero dovute prevedere ormai le ampie dimensioni di un concerto spirituale, interrotto a metà dal sermone. 

Le Passioni bachiane che ci sono pervenute integralmente sono dei capolavori purissimi, il risultato perfetto della intensa pratica della Cantata. 

Nell’elaborazione delle sue Passioni, Bach ricorse allo stesso universo formale delle sue Cantate. Ma le sue Passioni, e in particolare quella di Matteo, avranno un’impronta diversa.

Il testo evangelico è ripartito fra alcuni solisti (evangelista, Gesù, altri… ) in stile recitativo o arioso, e il coro (la folla); è inframezzato da Arie (a rappresentare la preghiera o la meditazione individuale) e da Corali (preghiere o meditazioni collettive). 
Le melodie dei Corali a quattro parti probabilmente venivano cantate da un pubblico che conosceva bene tali cantici.

La Passione secondo Matteo rappresenta il vertice della musica religiosa bachiana. Una delle sue più vaste composizioni, con l’ organico più grande, cioè due cori misti, due orchestre, un gruppo di ragazzi cantori per il cantus firmus del primo coro. 
I due cori possono cantare insieme o separatamente, a seconda delle indicazioni sulla partitura. 

Bach era probabilmente consapevole della sua importanza, visto che la riprese, rimaneggiandola, nel 1736, nel 1739 e nel 1745, e dopo il 1740 ne curò alla perfezione la scrittura della partitura, utilizzando l’inchiostro rosso per riportare le parole dell’evangelista e del Corale O Lamm Gottes unschuldig, Agnello di Dio abbi pietà, in modo che risaltassero sugli altri testi. 
La partitura definitiva, che risale al 1746 circa, è il più bel manoscritto autografo che ci sia rimasto di Bach, rivisto da lui medesimo: ottantatré fogli in -4°, compilati con cura estrema (Sebastian era un perfezionista).

Il 15 aprile 1729, alle13 e un quarto del pomeriggio, le campane di St-Thomas suonarono a morto per il Venerdì Santo e, mezz’ora più tardi, i Vespri si aprirono con la preghiera Da jesus an dem Kreuze stund
La liturgia sarebbe durata almeno fino alle 17.30. 
Per i fedeli, fu una celebrazione intensa, secondo la tradizione tramandata dal Medio Evo, e un avvenimento eccezionale per gli appassionati di musica. 
Erano, i partecipanti, coscienti di assistere a un momento epocale nella storia della cultura europea ? Sui giornali o sulle riviste musicali dell’epoca, non ci furono echi, neppure nei documenti, o nelle lettere. Per le persone di una certa età, forse quella Passione era troppo teatrale, troppo emozionante; per i più giovani, probabilmente mancava di spontaneità. 

Bach, con questa Passione, mostrò il percorso che questo genere avrebbe dovuto seguire: il ritorno alla Parola Sacra, rinunciando all’ipertrofia allegorica dei testi e della musica, senza abolire il simbolismo profondo.

La Passione secondo Matteo è di una bellezza che non si può descrivere a parole. Non soltanto vertice della musica religiosa della Riforma Protestante, ma anche vetta irraggiungibile della storia della musica in generale.

Sebastian aveva scoperto nel testo dell’evangelista Matteo un appassionante materiale narrativo, dall’unzione di Gesù a Bethania alla Cena con i discepoli, a tutti i tragici eventi che condussero alla morte di Gesù fino alla sistemazione del suo cadavere nel sepolcro. 
Il testo evangelico era perfetto, il librettista Picander avrebbe dovuto pensare soltanto al contenuto delle Arie e dei Cori. 

Il racconto parola per parola della Passione nel Vangelo di Matteo era stato il punto di partenza. 
Picander l’aveva arricchito con ventotto strofe madrigalesche, aggiunte alle differenti “stazioni” del cammino della croce come espressioni individuali della pietà e della contemplazione cristiana; i testi di Picander servono di base sia a delle Arie introdotte talvolta da recitativi, sia a dei cori. 

Bach diede una struttura particolare ai recitativi introduttivi, che costituiscono una sorta di collegamento fra la fedeltà rigorosa al testo del Vangelo e l’universo dei sentimenti espresso nelle Arie, quindi anche musicalmente si situano fra il recitativo secco (con la declamazione sillabica del canto e le successioni di accordi) e l’Aria (con l’accompagnamento strumentale diversificato). 
Questi particolari recitativi costituiscono frequentemente dei capolavori lirici della Passione. Ascoltiamo per esempio il pastorale Am Abend, da es kuhle ward, Quando la freschezza della sera cadeva, n. 64.

Bach, infine, aveva scelto quattordici Corali, nel patrimonio della chiesa luterana, che esprimevano simbolicamente le reazioni della comunità ai racconto della Passione. Su queste triplici fondamenta letterarie, Bach edificherà il suo capolavoro.

Per la realizzazione del testo del Vangelo, Sebastian ricorse alle forme del recitativo secco, dell’arioso, del coro (che rappresentava la folla). 

L’evangelista (tenore) canta le parti narrative su un semplice accompagnamento del basso continuo. L’evangelista partecipa intensamente alle differenti fasi del suo racconto, innalzandosi dal tono semplice della narrazione a una modalità appassionata: per esempio, al solenne recitativo iniziale, Da Jesus diese Rede, Quando Gesù questi discorsi, n. 2, si può accostare l’evocazione della straziante disperazione di Pietro dopo il suo rinnegamento, ... und ging heraus und weinete bitterlich, e uscì di là e pianse amaramente (n. 46). 
All’interprete dell’evangelista tocca una declamazione magistrale e, in alcuni passaggi, l’introduzione di certi strazianti Ariosi (Am Abend, da es kuhle ward, Quando la freschezza della sera cadeva, n. 64, oppure Er hat uns allen wohlgetan, Egli ha fatto del bene a tutti, n. 48); la sua parte è una delle più difficili della letteratura vocale.

La maggior parte delle Arie sono indimenticabili, come per esempio Mache dich, mein Herze, rein, Purificati mio cuore, n. 65 del basso, oppure Erbarme dich, Abbi pietà delle mie lacrime, mio Dio, n. 39, del contralto.

Bach ha affidato ai cori gli interventi dei discepoli, del popolo, del sommo sacerdote e dei servitori. Questi cori, diciannove, sono parecchio diversi fra loro, sia per le dimensioni che per lo stile, e per l’impasto sonoro: gli accordi serrati di Der rufet den Elias, Chiama Elia (n. 71), la polifonia di Herr, wir haben gedacht (n. 76) Noi ci ricordiamo bene, lo stile fugato di Lass ihn kreuzigen, Che muoia sulla croce, (n. 59) l’arditezza del Barabbam (n. 54), l’intensità sconvolgente di Wahrlich, dieser ist Gottes Sohn gewesen, Veramente costui era il figlio di Dio (n. 73).




Bach « è un uomo che ha saputo rivivere nella sua anima le sofferenze del Figlio di Dio, la storia sacra del Cristo, tanto da saper creare, nella sua ultima e maggiore Passione, un'opera gigantesca che, per l'unità maestosamente suggestiva dell'ispirazione che la pervade dalla prima all'ultima nota, si può paragonare soltanto a quell'opera monumentale dell'epoca romantica, che è il Tristano di Wagner. Non vi sono altre opere in cui l'ispirazione di insieme, che pervade con tanta potenza tutto il lavoro, appaia tanto legata alla persona dell'artefice, all'atteggiamento spirituale del suo creatore. Qui, dietro la creazione musicale oggettiva e attraverso di essa, si afferma una soggettività che piega ogni resistenza, per quanto siano diversi i presupposti delle due opere e dei loro creatori ».  

Wilhelm Furtwängler
 Ton und Wort Wiesbaden 1954 (traduzione italiana di Oddo Piero Bertini : Suono e parola Torino 1977)